PROLOGO: La maestosa bellezza
dello spazio. Viste da lontano, le sue stelle più calde sono colorati gioielli
freddi. I mostri del cielo danno luogo ad effetti luminosi di
impagabile bellezza. I gruppi di galassie pulsano come cuori, colmi di
promesse di vita. Quali definizioni possono essere adatte, di fronte
all’infinito stendersi di questo arazzo fertile ed
elaborato?
Che noia!
MARVELIT presenta
Episodio 1 – Canto li poteri
pietosi e li eroi…
“Che
noia, che noia, che noia!” così si pronunciò questo giovane membro della razza
degli skrull.
Il suo nome era Fiz, e quando si era
imbarcato in questa avventura, non si era decisamente
aspettato di spendere così tanto tempo a velocità subluce, nel vuoto
interstellare. “Voglio dire,” continuò rivolto apparentemente
a sé stesso, essendo lui il solo occupante della sua cabina, “non è che quelli
lì se ne staranno ad aspettarci con un faro segnalatore addosso! Al ritmo con
cui procediamo, ci vorranno secoli solo per setacciare questo
quadrante!”
“Concedimi un po’ di fiducia,” disse una voce maschile dall’intercom. “Tanto per
cominciare, dobbiamo per prima cosa trovare le tracce
del loro passaggio, non loro. Non ha senso sprecare le energie del nostro
motore a curvatura in una caccia senza destinazione.
“In secondo luogo, dobbiamo
trovare una nave più adatta di questa. Qualcosa che possa
resistere al contatto diretto con il nostro nemico, o il nostro prossimo
scontro potrebbe rivelarsi molto breve.”
“’Breve’?
Gli occhi rossi dello skrull si dilatarono in modo
quasi comico. “Che vuol dire ‘breve’? Insomma, fra
tutti noi dovremmo essere in grado di fare parecchio male alla Phalanx!
Ci siamo messi insieme per questo, siamo gli
X-Plorers, mica le Pentole a Pressione!”
“Forse intendi dire ‘I Marmittoni’, ma il punto principale resta: un buon
supporto logistico non può che esserci utile. “Inoltre, se trovassimo almeno
una razza che sia stata capace di resistere alla Phalanx, impareremo da chi di esperienza ne ha fatta. Personalmente, ho imparato che
sottovalutare un nemico, soprattutto quando si crede di conoscerlo, può risultare…dannoso
alla salute.”
“Ahh, ma vatti a fare clonare.
Insomma, J, vuoi restare un fantasma elettromagnetico per sempre?”
“Credo che un Magneto in carne
ed ossa basti ed avanzi, grazie.”
“Contento tu…” Fiz fu comunque grato per quella diversione. Tornò a guardare alla
finestra -cioè allo schermo cristallino che mostrava una proiezione dello
spazio esterno. “J?”
“Dimmi.”
Lo skrull
ci pensò su, poi abbassò la testa. “Niente.”
Come poteva confidare quello
che si sentiva dentro? Apparteneva ad una specie guerriera, combattiva.
All’inizio di quella ricerca per il nemico tecno-organico dalla mente
collettiva, il suo cuore aveva esultato. L’aspettativa
era quasi insopportabile nella sua intensità; e in questo era indubbiamente uno
skrull, mutante o non mutante.
Poi avevano cominciato a
scandagliare lo spazio come stavano a tuttora facendo. L’impazienza aveva
ceduto il posto alla noia, la noia ai pensieri.
Lui ed i suoi compagni
volevano ancora distruggere la Phalanx. Erano sinceramente convinti che la sua
eliminazione avrebbe significato molte civiltà innocenti risparmiate.
Perché, allora, l’idea del genocidio lo turbava?
Sconfiggere la Phalanx non
sarebbe bastato: erano esseri tecno-organici, si nutrivano delle forme di vita
prosciugandone l’essenza stessa, lasciandosi dietro tappeti di circuiti
infettati con il virus trasmodale.
Ogni ecosistema toccato dalla Phalanx moriva per sempre.
E quelli che morivano così erano fortunati. L’alternativa era perdere la propria individualità, diventare
tecno-organismi senza libero arbitrio, portatori dell’infezione riprogrammati
per nutrirsi e niente altro.
La Phalanx era il parassita
perfetto. Un solo frammento avrebbe potuto tornare a
replicarsi fino a ripresentare la stessa minaccia dell’organismo-madre.
Ma era un organismo vivente. Se
fosse stato possibile isolarlo, lasciare che si nutrisse senza costituire un
pericolo incontrollato…o riprogrammarlo…
Fiz si strofinò le tempie,
mentre sorrideva di sé stesso: forse era Xandu, la
mutante. Gli skrull, storicamente, prediligevano la
conquista, l’assimilazione, ma non la distruzione a tutto campo: quella era una
prerogativa dei kree…
“Uno skrull
capace di costruire invece che di distruggere,”
rispose a sé stesso. Se J aveva sentito, non commentò.
“J, dove sono gli altri?”
“Mikhail è ai comandi. Xandu, Lockheed e Deathbird sono a pranzo. E dovresti esserci anche tu.”
Molto lontano da dove si
trovava la nave degli X-Plorers, stava una specie di nube.
La nube era immensa, pulsante,
amorfa. Il suo corpo era percorso da luci lampeggianti, da lampi di energia grandi come città.
Accanto alla nube, enorme ma
minuscola al confronto, viaggiava una sfera metallica, un agglomerato di
circuiti viventi, una cosa, a suo modo, viva.
La nube era Phalanx. La sfera
era Calibana; Calibana era
un’astronave.
E il suo signore era l’essere di nome Ahab.
Ahab era stato un uomo, una
volta, in una dimensione alternativa che, con un po’ di fortuna, non esiste
più.
Ahab era stato un cacciatore
di mutanti, il migliore, al servizio delle fredde Sentinelle.
Ora cacciava prede per conto
dei suoi signori tecno-organici, dei quali era parte inscindibile..
Stava in piedi al centro del
ponte di comando. Intorno a lui, da un polo all’altro della stanza sferica, si
spiegava un mosaico di mappe cosmiche -i tanti settori di possibile interesse
della Phalanx, quelli più ricchi di vita.
Ahab non aveva pensieri suoi,
era solo un componente. Eppure,
dentro la sua mente, si accese una scintilla quando riconobbe un segnale
familiare.
Quello di una zanzara
ostinata. Minuscola, ma ostinata.
Ahab aveva suggerito che la
collettività iniettasse un nanovirus nel corpo di uno
dei loro nemici. Sospettava che non avrebbero mollato la presa, dopo il loro
ultimo scontro, e la sua preveggenza aveva pagato.
Ahab
sorrise. Presto, gli stolti sarebbero entrati in una zona neutrale. A quel
punto, sarebbe stato lui a fare la sua prima mossa -la Phalanx avrebbe regolato
i suoi conti con questi presuntuosi mutanti e con chi aveva osato resistere
alla collettività!
Fiz si rese conto di essere
affamato, e molto, quando,
attraversando la soglia della mensa, nell’annusare il cibo sintetizzato, si
trasformò involontariamente in un colossale e scaglioso predatore del fu Pianeta Skrull.
“I maschi!” sibilò la Shi’ar
Deathbird, seduta come una statua. “Sul mio pianeta, mi tacciano di barbarie,
ma almeno ho imparato le maniere di corte.” Dicendo
ciò, si tagliò una porzione del suo filetto con gesti da chirurgo.
Xandu, la seconda skrull del gruppo, femmina e coetanea di Fiz, cercò di
nascondersi la faccia con una mano. Non per l’imbarazzo, ma
per non mostrare di stare ridacchiando.
Fiz si asciugò un filo di bava
dalle labbra, per poi tornare alla sua forma normale. “Scusatemi,” mormorò.
Subito sulla sua spalla,
preceduto da un frullare di minuscole ali, atterrò sulle zampe posteriori il
draghetto Lockheed. “Feh!” fu il suo secco commento, mentre un delicato rivolo
di fumo gli usciva da una narice.
“Sì, sì,”
commentò Fiz, mentre si metteva a sedere. “Ti credi chissachì solo perché hai
già mangiato. Credi che me lo sia scordato quando hai fuso un vassoio per la
fretta di avere la tua razione?”
“E
prego, sai?” fece Xandu. Lui non capì…fino a quando non realizzò
che era stata lei a preparargli il vassoio. Fiz grugnì
-decisamente non era la sua giornata.
Lei lo trovava decisamente divertente. A volte si scopriva a riflettere se
in realtà non stesse flirtando con un desiderio, più
che con la persona.
Sia lei che Fiz erano figli della persecuzione. Per qualche ragione, del
tutto incomprensibile, gli skrull odiavano i loro
mutanti con ancora più accanimento di quanto facessero
i Terrestri con i propri. Dove fra i Terrestri c’era un crescente movimento di
simpatia, gli skrull reagivano con un l’odio atavico
dei Devianti verso le mutazioni che non potevano controllare.
Xandu si era trovata insieme a Fiz per caso. All’inizio,
era stato solo un compagno di viaggio unito a lei dal destino.
E ora?
Nonostante fosse un imbranato, certe volte, Fiz mostrava carattere. E lei era
abbastanza skrull per
apprezzarlo…ma troppo spesso lui si affidava al proprio entusiasmo.
Come avrebbe reagito lei, se
lui si fosse fatto uccidere per una cosa stupida come l’imprudenza? Come
avrebbe potuto sopportare il peso di una relazione stabile, con l’ombra di
Galactus su di loro, dopo avere visto morire intorno a sé tutti quelli che
amava?
I cambiamenti di umore si rifletterono nel volto di Xandu, alterando i
lineamenti in una maschera cupa.
Fiz fece per dirle qualcosa,
quando la voce di Deathbird, dal tavolo accanto, si intromise.
“Conosco un metodo infallibile per farsi passare i pensieri sbagliati,” disse la femmina, con tono malizioso. Ad
enfatizzare le sue parole, estrasse dal polso un piccolo bastone, di quelli che
componevano i suoi bracciali. Con un leggero tocco, lo estese fino a
mezzo metro di lunghezza. L’illuminazione si rifletté con un lampo sulla punta
cromata della piccola lancia. “Niente di meglio di un po’ di allenamento.”
Xandu sospirò. “Ci farebbe
bene trovare qualcosa di utile per localizzare la
Phalanx.” Si batté un pugno nel palmo.
In
quel momento, si udì l’intercom gracchiare. Seguì una voce maschile,
indubbiamente venata di un accento russo. “Xplorers a rapporto! Credo che ci
siamo.”
“Maledizione!” Ahab appoggiò a
terra con forza la punta della sua lancia. “Si sono fermati proprio sul
confine. Perché?”
Su una delle mappe, un puntino
marcava la posizione della nave. “Dobbiamo scoprire perché, dobbiamo trovare la
ragione,” disse con il pensiero di miliardi e miliardi
di entità interconnesse. La Phalanx mise al lavoro innumerevoli canali di
comunicazione e sensori., esplorò il subspazio attraverso
la sua inconsapevole pedina.
E finalmente lo trovò.
“Impossibile,”
disse/ro.
Per
la prima volta in molto tempo, la Phalanx ebbe davvero paura.
“Non
possiamo permettere che loro ci arrivino per primi. Impensabile.”
Per
un momento, Ahab/Phalanx tacque/ro. Poi, fu il cacciatore a riprendere la
parola. “Che lo facciano.”
“Illogico.”
“No.”
“Manifestazione
di individualità. Sopprimere.”
Ahab
si serrò le mani, mentre cadeva in ginocchio. Le sue gambe persero forma,
iniziando a liquefarsi. “Non fatelo! Ascoltatemi, prima!”
Non
le sue parole, ma le sue considerazioni furono silenziosamente valutate.
E alla
Phalanx piacque quel ragionamento.
Senza
volerlo, i carbonii stavano dirigendosi spontaneamente verso la propria morte.
Ahab
aveva ancora un senso dell’umorismo, e attraverso di lui, la
nube fu scossa da un colossale fremito, l’equivalente di una risata.
“Cosa
succede?” chiese Xandu, appena furono tutti in sala comando.
Al posto del pilota, sedeva un
uomo di circa 35 anni, robusto, dalla lunga chioma nera. La metà sinistra del
suo volto era coperta da un’impassibile maschera dorata. La metà destra era
tesa in preoccupazione, mentre osservava lo schermo principale. “Un segnale di
soccorso...nel codice della Phalanx, ecco cosa,” disse
Mikhail Rasputin.
“La Phalanx che chiede aiuto?”
Deathbird si mise seduta agli armamenti. “Piuttosto mia sorella mi lascerebbe
il trono di sua spontanea volontà.”
“Credimi, femmina,” disse il mutante russo. “In quanto
ex-componente di quei parassiti elettronici, so cosa dico. Questo,” e indicò uno schermo della sua consolle, dove funzioni
d’onda tracciavano eleganti forme, “sono loro.”
Fiz e Xandu si scambiarono
un’occhiata preoccupata: non era semplicemente nello stile della Phalanx. Loro
non chiedevano aiuto, e soprattutto non erano così stupidi da concepire una
trappola così ingenua.
Per conto suo, Lockheed si
stava dimostrando alquanto affascinato dalle funzioni d’onda della chiamata;
stendeva il collo in modo telescopico, emettendo un brontolio incuriosito…
Fiz gli diede una pacca sulla
testa cornuta. “Lo so, piccolo, siamo tutti preoccupati da…ehi.”
Sbuffando indignato, Lockheed
saltò dalla spalla dello skrull, per planare in
grembo a Mikhail. Senza aspettare un secondo, sorprendendo i presenti, mosse le
sue zampe anteriori su una serie di pulsanti accanto al monitor.
“Nessuna presenza di armi nel raggio di 10.000 megametri,” disse Deathbird.
“In compenso, rilevo distintamente bio-letture associate alle energie della
Phalanx.” Evidenziò un punto sullo schermo,
circondandolo con un cerchio nero e giallo. Ingrandì.
Lo schermo mostrò un
planetoide. Non era più grande di Plutone, coperto da un uniforme guscio di
ghiaccio che lo faceva sembrare una palla da biliardo, anche se qui e là era
butterata di crateri da impatto da cui si irradiavano
canyon.
“È lì,”
disse Deathbird.
In quel momento, Lockheed
emise un verso eccitato. Non occorreva conoscerlo da una vita, per capire che era
molto, molto contento!
La creatura volò via, verso la
consolle comunicazioni. Osservandolo, Xandu si ricordò che quella posizione era
la sua! “Per l’Imperatrice…” sbottò, andando alla sua poltrona -e lei osava criticare Fiz! Meno male che
non gli aveva espresso i suoi pensieri, prima, o
adesso sarebbe un insetto intento a strisciare via dalla vergogna! “Lockheed,
che cosa…”
In quel momento, il draghetto
inserì un’ultima serie di comandi. Poi la stanza fu riempita da una voce.
Una voce senza sesso, ricca di
toni elettronici, come ci si poteva aspettare da un componente
della Phalanx.
Furono il tono del messaggio,
e soprattutto il suo contenuto, a
sconvolgere almeno due membri degli Xplorers.
“…Per favore. Sé ha bisogno di aiuto. Energie al minimo. Necessaria sospensione sistemi
vitali. Sé ha paura. Sé non vuole morire…di nuovo…per favore. Sé ha bisogno di aiuto…”
“È Warlock,” disse Mikhail. “Ma non può essere.”
“Coo?” fece Lockheed, fissando
lo schermo principale come se avesse voluto infilarcisi ed essere sul
planetoide.
“Chi?” fecero
contemporaneamente Fiz, Xandu e Deathbird.
“Posso rispondere io a questo,” disse J, apparendo sul ponte attraverso il generatore
olografico. Assomigliava al Jospeh di sempre, un
giovane con i lunghi capelli bianchi ed il costume nero e giallo da X-Man. Di
solito non si concedeva questa vanità sul look, ma visto che il lavoro lo
faceva il generatore…
Al fianco di J apparve una
figura umanoide. Indubbiamente era un Phalanx, ma era esile, alto come Fiz e
Xandu. E la sua testa era coperta dall’equivalente di
una folta capigliatura. Aveva un paio di larghi occhi rotondi, e...sorrideva,
mentre teneva la classica posa da ‘vengo in pace’.
“Warlock,”
disse J. “Phalanx mutante, esemplare giovane. Fuggì da suo padre, il Magus, che doveva eliminarlo prima che
Warlock stesso giungesse a maturità per sfidarlo e sopprimerlo a sua volta.
“Nella sua fuga, Warlock
giunse, stremato, sulla Terra, distruggendo l’Asteroide M sul suo percorso.
Terminò il suo volo presso l’Istituto Xavier per Giovani Dotati. Lì, incontrò e
fece amicizia con i Nuovi Mutanti
-Cannonball, Cypher, Karma, Mirage, Wolfsbane, Magik- e divenne un membro
permanente della squadra.
“Durante gli eventi
classificati come Agenda Xtinzione,
tuttavia, Warlock fu letteralmente prosciugato di ogni
energia vitale da Cameron Hodge.
Morì, ma un piano di emergenza era stato previsto.”
Un'altra figura apparve accanto a quella di Warlock: un ragazzo biondo, dai
capelli corti, con indosso l’uniforme degli studenti di Xavier. “Douglas Ramsey,
Cypher. Mutante specializzato nella crittografia,
traduzione e calcolo. Il migliore amico di Warlock: insieme formavano
una sottosquadra molto affiatata.” Per enfatizzare il concetto, unì le due
immagini, ottenendo un mutante umano chiuso in un guscio corazzato nero e
giallo: il Team Supremo.
L’immagine fu scomposta di
nuovo. J proseguì. “Cypher morì mesi prima di Warlock, ad
opera del genetista Dr. Animad. A sua insaputa, Warlock,
rispondendo alla programmazione genetica della Phalanx, aveva installato in lui
il virus trasmodale. Se
Warlock fosse morto, il virus, contenente tutte le sue informazioni, si sarebbe
attivato, facendo di Douglas un nuovo Warlock.
“Purtroppo, il procedimento
non riuscì completamente, in quanto il virus si attivò
con un cadavere, dando origine al simbionte Douglock.
“Appare evidente che quello
impiantato in Douglas non era il solo ‘pezzo’ che Warlock si era lasciato
dietro.”
“Se è così,”
mormorò Xandu, “allora come ha fatto a sopravvivere? Insomma, la Phalanx
ha bisogno di bioenergie per nutrirsi. Le altre fonti di
energia sono l’equivalente di un surrogato, per loro. E se ho capito
bene, sono anni che questa componente di
Warlock si trova su quel mondo morto!”
“E
perché dovremmo salvarlo, ad ogni modo?” disse Deathbird. “Che
bene ci farebbe avere un Phalanx fra noi, in vista della battaglia proprio
contro la sua gente? A chi credete che andrebbe la sua lealtà?”
“Andrebbe a noi ed alla Terra,
e ad ogni altra possibile vittima della Phalanx,”
disse Mikhail, senza scomporsi. All’occhiata dubbiosa della Shi’ar, aggiunse,
“Ebbi modo di incontrare Warlock, quando militava nei Nuovi Mutanti. La sua
mutazione non è nei suoi poteri, bensì nella sua individualità: è sempre stato
unico, in tutti i sensi, e privo della distruttività della Phalanx. Arrivò a
combattere ed uccidere il suo stesso padre per difendere i suoi amici, quando
il suo istinto gli urlava di fuggire.
“Possiamo metterla così: io
vado a salvarlo. Lo devo alla memoria della mia sorellina, che avrebbe dato l’anima almeno per provarci. Chi vuole venire
con me è libero di venire. E se è una trappola, il responsabile se ne pentirà
amaramente.”
Lockheed unì il suo ringhio di avvertimento.
Nessuno
ebbe qualcosa da ridire.
La nave si diresse verso il
planetoide, con i sensori puntati in ogni direzione e su tutte le frequenze
possibili. E a meno che la Phalanx non avesse appreso
molto bene l’arte del camuffamento, non c’era traccia di terzi indesiderati.
C’era
solo il segnale, il disperato richiamo di una creatura sola…
La
nave lanciò un missile.
L’ordigno,
ad una data distanza dall’impatto, si divise in due, rivelando una sonda a
trivella.
L’apparecchio
perforò il ghiaccio come carta.
“Lo strato di ghiaccio è
spesso un chilometro, finora. I soli contaminanti sono quelli delle meteore…hmm,
singolare,” Fiz controllò i dati una seconda volta,
prima di riprendere a parlare. “Sì. C’è decisamente
una presenza Phalanx, là sotto. Ma non capisco perché abbia esteso i tentacoli alle meteoriti.”
“Prego?” fece Deathbird.
“Già. Sto ricontrollando i
dati dai sensori di bordo: i crateri presentano la necrotizzazione da virus
trasmodale. Tutti quelli dell’emisfero che stiamo controllando, almeno.”
“Ecco come ha trovato la
pappa. Sulla Terra sarebbero felici di saperlo,” disse
Mikhail. “Una conferma della teoria della panspermia.”
“Come se ce ne fosse bisogno,” dissero insieme Fiz, Xandu e Deathbird.
“Sono curioso, piuttosto, di
sapere quanti meteoriti possano esserci voluti,”
disse J. “Deve avere osservato una dieta molto stretta, altrimenti…”
In quel momento, la sonda uscì
dallo strato di ghiaccio. I retrorazzi entrarono in azione, per impedirle di
precipitare nel vuoto.
“Per il Lupo Bianco!” disse Mikhail
L’intera superficie rocciosa
del planetoide era occupata da una struttura tecno-organica!
“Non mi dite che abbiamo
davvero trovato la Phalanx al primo colpo!” disse Xandu, sentendo andare i suoi
cuori a mille.
“Alquanto improbabile,” disse Mikhail. “Le letture sono tutte sbagliate. È grande
e grosso, ma è in stasi; credo che sia agli sgoccioli della riserva.”
“Il segnale è cessato, infatti,” disse la skrull, controllando i
ricevitori. “Ha capito di avere trovato soccorso.”
“O forse cibo,” Deathbird arruffò le penne per il nervosismo. “Rasputin,
teniamoci a distanza di sicurezza, finché non saremo sicuri che non siamo sul
menu…”
“Oh, ma possiamo esserlo,” disse il Russo. “Sei una telepate, quindi fa’ quello che devi: parlagli. Cerca di fargli capire che siamo dalla sua
parte.”
Lei quasi si
mise a ringhiare. “Andiamocene.
Prima. Se proprio ci tieni…”
“Fate attenzione!” urlò J. “Rilevo improvvisa attività da uno dei
crateri!” Quell’ultima frase poteva risparmiarsela: lo schermo mostrava una
specie di geyser di metallo liquido diretto proprio contro di loro.
Mikhail fece manovra per
allontanarsi dal pericolo.
Deathbird scelse un approccio
più diretto: inserì pochi comandi. Lockheed la vide, e urlò disperato, “FERMA!”
Troppo tardi: la nave fece
fuoco con tutto quello che aveva.
E i suoi colpi svanirono nella massa fluida come se una
spugna li avesse assorbiti.
“Dannazione a te, femmina!”
urlò Mikhail. “Dovevi proprio dargli un po’ di carica?!” Gli occorrevano solo
pochi secondi per inserire la curvatura…
Non li avrebbe avuti: la
colonna, fortificata da quell’inaspettata iniezione, aumentò la propria velocità
fino ad avvolgere la nave! Come una mostruosa bocca, iniziò a masticarla. Un attimo dopo, la sua preda
liberò le proprie energie in una spettacolare esplosione!